I miracoli della scienza: storia di un intervento salvavita
Sono in pochi a sapere che la parola chirurgia deriva dal greco kheirūrgía.
Un termine antico che affonda le sue radici nella fusione di due termini diversi: ūrgía, che vuol dire operazione e kheír che significa “con la mano”.
Un’espressione, quella di “operazione con la mano”, che inserisce la nobile artigianalità manuale in tutti gli interventi chirurgici, anche in quelli più sofisticati.
Mano ferma, nervi saldi, concentrazione massima e, ovviamente, un bagaglio di conoscenza sempre con sé. Sempre pieno. Sempre da riempire. Sono queste le indicazioni per svolgere al meglio il proprio lavoro, sia nelle operazioni di cosiddetta routine sia in scenari molto più complessi.
Proprio come quello che di recente la mia equipe si è trovata ad affrontare. Un paziente di 50 anni affetto da scompenso cardiaco con una setticemia in atto a causa dell’infezione di un defibrillatore biventricolare. Un quadro clinico davvero preoccupante che minacciava seriamente la salute del degente.
Ed è proprio in questo momento che dal bagaglio sono usciti gli unici strumenti con cui effettuare un vero e proprio intervento salvavita.
Professionalità. Fermezza. Decisione. Coraggio.
Solo così è stato possibile effettuare la procedura di estrazione degli elettrocateteri con relativa tromboaspirazione in circolazione extracorporea veno venosa.
Solo così lo staff che ho la fortuna di coordinare si è reso protagonista di uno tra gli interventi più rari di tutta Italia.
Un successo non solo nostro, ma di tutto il mondo scientifico italiano. Che oggi si stringe attorno al paziente perfettamente guarito. E pensare che il tutto comincia proprio dalle mani. E dalla magia che, talvolta, è nascosta in loro.